di Francesca Pacini >Read English Version
Zeytin vive a Istanbul ed è un cane senza casa e senza padrone. Elizabeth è una regista che, come molti viaggiatori, rimane colpita dal rapporto della città con i suoi abitanti a quattro zampe. E decide di tornare lì per girare Stray, un documentario su questa relazione unica fra uomo, animale e città…
Quando intervisto Elizabeth Lo non mi trovo a Istanbul. Sono a Roma, lei a Los Angeles. Ma la distanza viene abbattuta dalla profondità della sua voce, e dalle cose che dice. Parla con l’anima in mano. Non il cuore, proprio l’anima.
Tutti ci innamoriamo di Istanbul. Tutti vogliamo tornarci. Ma lei è stata capace di raccontarla con gli occhi dei cani randagi che con gli uomini dividono la città. E decide di seguire Zeytin, per mesi. Racconta Istanbul con i suoi occhi di cane. E ci fa capire che lo sguardo di Zeytin non è meno importante del nostro. Quando Zeytin a un certo punto, dopo le riprese, era scomparsa, Elizabeth è tornata a Istanbul, l’ha trovata, e l’ha fatta adottare. Non sapeva, in quel momento, che una nuova legge del governo si sarebbe abbattuta sui cani randagi, ordinandone la cattura, la segregazione in rifugi insufficenti e affollati, e lo sterminio dei cani aggressivi e malati (con che controlli? A detta di chi).
Dunque il suo documentario è più prezioso che mai.
Elizabeth, come è nata l’idea di Stray?
Ho concepito il film come qualcosa che doveva dimostrare che gli umani possono coesistere con i cani, ho pensato che era davvero lodevole il fatto che Istanbul presentasse questa peculiarità.
Ho pensato che fosse un miracolo. Perché in ogni altra città del mondo i cani randagi sono stati eliminati dalle strade. Non esisteva in nessun’altra città moderna questa cultura dei randagi. Sono rimasta scioccata da questa legge, approvata poco tempo dopo il mio film. Sì, ho pensato che a un certo punto, in futuro, i cani sarebbero potuti essere in pericolo, anche perché storicamente sono già stati esiliati, e messi in pericolo.
Anche a Istanbul
Sì, esatto. Non pensavo sarebbe accaduto ancora. Ero certa che la volontà delle persone avrebbe impedito una cosa del genere.
Cosa pensi del fatto che dicano che in Europa siamo molto più civili perché non abbiamo randagi sulle strade? Non visitano i rifugi. Non vedono le situazioni disperate di abbandoni, o i randagi del sud che non sono mai sterilizzati… In più la Turchia non ha abbastanza rifugi, né ha costruito una vera e propria cultura del rifugio per animali.
Credo che nel mondo occidentale noi abbiamo una visione capovolta. È veramente più umano avere strade libere da cani e gatti randagi? È piuttosto folle invece che non siano ammessi alla vita comune della città. Un approccio più umano prevede invece la coesistenza con gli animali. Perché devono essere incarcerati, languire e morire? Molti praticano l’eutanasia se i cani non vengono adottati! Terribile. È molto triste vedere questo cambiamento in Turchia. L’allineamento con le altre città europee non è un segno positivo.
Fa molto male, è vero. I cani turchi poi sono di mole spesso gigante, il che rende le adozioni più difficili. Per non parlare del fatto che nei paesi musulmani è più difficile che i cani vengano adottati… Non dentro casa, e ora non all’esterno. Dove, dunque? E sarà un fatto politico, questa legge?
Gli attivisti combattono e confermano la politicizzazione di un eventuale input religioso. I problemi della società sono altri. Randagi, immigrati… capri espiatori. Usati per distrarre dai problemi reali.
Puoi immaginare Istanbul senza i suoi cani?
In un altro documentario, Kedi, si dice che siano i gatti a custodire l’anima di Istanbul. Ma io credo siano anche i cani. Venire a Istanbul e non trovare più nessun cane? Questa occidentalizzazione non è affatto positiva.
Nel tuo film mostri bene l’anima dei cani. I loro sentimenti, il loro anelito alla vita. Qual è stato il momento più emozionante con i cani, durante le riprese?
Ogni momento. Forse Zeytin, il suo consentirmi di filmarla. Sapeva benissimo cosa volevo! Le emozioni dei cani sono così evolute, così come la loro comprensione. Ero incantata.
Se qualcuno mi disturbava durante le riprese, ecco che i cani arrivavano a proteggermi. Una comunicazione non verbale molto profonda.
Non hanno ego, e questo ci offre una connessione profonda con le nostre radici più vere, oltre le religioni, le culture… È la stessa connessione che sentiamo con la natura. Istanbul è così aperta, cosmopolita. Ci sono stati i greci, i romani, gli ottomani… e i cani, sempre.
Esatto. Come è bello, a Istanbul, comprare da mangiare e poi offrire qualcosa ai cani. Un nutrimento, davvero. A Hong Kong è impossibile avere il privilegio di condividere il cibo con gli animali.
Li abbiamo esiliati dalle nostre vite. E ora anche in Turchia, a quanto sembra.
Viviamo in tempi bui. Penso anche alla Palestina. È un momento scuro per tutti. Uomini, animali. Difendere i diritti di tutti è importante. Come può farlo un’artista? Con le sue opere? La sua voce?
Sì. A volte ci sente impotenti davanti ai poteri politici. Dobbiamo essere ispirazione per gli altri.
E prendere posizione. Anche ispirare solo un’anima. La gente ha paura di tutto, ora. C’è un genocidio e il mondo tace. A proposito dell’importanza del messaggio: gli animali in passato sono sempre stati eletti a simbolo. Sono archetipi, portatori di messaggi evolutivi per l’uomo. Lo troviamo nelle fiabe, nelle leggende (basta pensare a Esopo). Sono una porta per il cammino verso il recupero dell’anima. Che ci è successo?
Le religioni giudeo cristiane in qualche modo hanno permesso lo sfruttamento degli animali. Gli animali stanno lentamente scomparendo dalla nostra cultura, dalla nostra civiltà. Non abbiamo più nessun contatto con loro. A parte i nostri gatti e cani domestici, ovviamente. Ci siamo privati di questa risorsa.
Se potessi mandare un messaggio ai cani turchi, cosa diresti loro? Non sanno nulla, ma sono dei ricercati. Li hanno presi alcuni di notte, quando nessuno vede…
Voglio avere fiducia. Voglio pensare che malgrado questo attacco, questo tentativo di esilio, di sradicamento dalla loro vita libera, possano invece recuperare, negli anni futuri, e tornare liberi, e avere i loro diritti protetti. Come è accaduto in passato. Orhan Pamuk ne parla, dice che provano a eliminarli, ma i cani tornano, e tornano ancora…
Durante le proteste a Istanbul contro questa legge terribile ho visto molti attivisti sventolare cartelli con le foto di Zeytin, e del tuo documentario. Il tuo messaggio era lì con loro, con noi (ero anche io lì) e questo è il tuo messaggio.
Spero che il film possa cristallizzare ciò che rischiamo di perdere. Grazie per avermelo detto. E grazie per il tuo lavoro.
Grazie a te, Elizabeth. Hai qualche progetto futuro sempre nella direzione educativa?
Mi rendo conto del potenziale dell’arte. Bisogna usarla. Dobbiamo usare i nostri talenti per svegliare le persone. Si ha paura a rischiare ora, come con Gaza. Colonialismo, genocidio…
Il colonialismo ha generato randagi, in qualche modo.
Il concetto dei randagi è un simbolo. Sì. Il viaggio di Zeytin nei luoghi di Istanbul vale quanto quello di un essere umano. Hanno coscienza, hanno emozioni. Ho voluto sottolinearlo.
Saluterò Zeytin da parte tua, quando la incontrerò. Non è più libera, ma assaggia un altro tipo di vita bella.
Sì è vero, sono tornata indietro a cercarla. Nel 2022. Non volevo rischiare più dopo che era scomparsa. Adesso ha una seconda, nuova vita felice! L’ha adottata un uomo con un grande cuore. (Mert Akkoek, ndr)
Vista la nuova legge, l’hai salvata…
Sì, è vero. Non lo sapevo che sarebbe successo. Ma è così. Mert ha un grande cuore.
Read the english version:
Zeytin lives in Istanbul and is a dog without a home and without an owner. Elizabeth is a director who, like many travelers, is struck by the city’s relationship with its four-legged inhabitants. And she decides to return there to shoot Stray, a documentary about this unique relationship between man, animal and city…
Judeo-Christian religions have somehow allowed the exploitation of animals. Animals are slowly disappearing from our culture, from our civilization. We no longer have any contact with them. Apart from our domestic cats and dogs, of course. We have deprived ourselves of this resource.