Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

La traccia segreta delle cose

di Alessandra Tesei

Nella sua opera Il filo nascosto Paul Thomas Anderson indaga l’universo gotico e inquieto del “non visibile” che scorre sotterraneo, che ci abita dentro con i suoi simboli e le sue metafore. Ma c’è anche spazio per l’ironia che da contraltare ai fantasmi, ai vizi, alle paure…

 

 

Wangel la segue osservandola inquieto.

H. Ibsen

 

Reynolds Woodcock ha avuto molte muse, ma nessuna di loro ha mai osato chiedere qualcosa in cambio, tantomeno agire per ottenerlo. Ma questa volta Reynolds ha scelto Alma e lei ha scelto lui: l’uno possiede l’altra, e viceversa.

Il filo nascosto è un’elegantissima perversione. È il racconto di due persone che si trovano, due oblique anime gemelle. È un racconto dell’orrore e una storia d’amore. In ambito letterario potremmo fare i nomi di James, Blixen e Flaubert; in ambito cinematografico, quelli di Hitchcock e Kubrick.

Paul Thomas Anderson crea un sontuoso kammerspiele che si insinua negli occhi e nel sangue dello spettatore.

Fin dalla prima inquadratura dedicata ad Alma, all’inizio del film, il viso di lei ci rimane impresso negli occhi: è un quadro di Vermeer. In seguito, quando ci viene mostrato il primo incontro tra lei e Reynolds nell’hotel in campagna, la luce impiegata dal regista crea un ritratto raro del personaggio, che ci incanta come incanta il protagonista.

“Reynolds ha realizzato tutti i miei sogni. E io gli ho dato in cambio quello che più desidera. Ogni parte di me.”

Alma ha donato a Reynolds ogni lembo di sé, della sua pelle, della sua superficie, per permettergli di realizzare la sua arte. Lei è la sua musa definitiva, ma vuole essere ricambiata.

“E io posso stare in piedi all’infinito. Nessun altro riesce a stare in piedi così a lungo.”

Guardiamo questo film attraverso due lenti distinte, la lente del genere gotico e quella dell’ironia.

Questa è un’opera che dobbiamo definire con una parola presa dalla lingua inglese, haunting, termine che ha diverse sfumature. Può descrivere qualcosa di bello, ma in un modo triste e spesso in un modo che è difficile da dimenticare; qualcosa che permane nella mente; un’apparizione o un’infestazione da parte di un fantasma.

Il concetto di haunting è fondamentale per il genere gotico. In alcune delle traduzioni in italiano il termine è reso con i verbi infestare e perseguitare, o con l’aggettivo inquietante. Ciò che infesta, perseguita o inquieta è uno spettro in senso lato: può essere un mostro, un fantasma o qualcosa di non definibile e di più simbolico.

Il fulcro del genere gotico è quello che ora noi, citando Freud, chiamiamo unheimlich: il perturbante, l’inquietante, che è reso ancora meglio nell’inglese unhomely, qualcosa che non fa sentire a casa, anche se ci si trova nella propria casa. Qualunque cosa sia quella che infesta, perseguita e inquieta, che sia una creatura visibile o invisibile, esterna o interiore, che sia un evento o un oggetto sarà sempre un elemento che turba la persona o l’ambiente circostante. Quest’inquietudine è dovuta al non vederne chiaramente la causa; nei racconti gotici, tutto è solo accennato, almeno all’inizio. Tutto è percepito al limite della comprensione, e non sempre alla fine è spiegato; anche se viene reso visibile, non è detto che venga comunque compreso.

Lo scopo delle creature del gotico è di turbare, inquietare, arrivare a toccare paure interiori, attraverso elementi familiari che appaiono estranei; queste creature accennano, non spiegano, perché è colui che sente quell’inquietudine a dover provare a comprendere, attraverso la visione finale.

 

Subito prima che inizi la principale vicenda del film, quindi poco prima dell’incontro tra i due protagonisti, Reynolds sente lo spirito della madre, il suo profumo, la sua presenza.

Questa sensazione è la spinta, messa in parole da Cyril, la sorella di lui, che fa sì che l’uomo vada nella loro tenuta in campagna: proprio qui, a colazione in un hotel, incontrerà Alma per la prima volta.

Ecco dei fantasmi che si rincorrono, che si muovono insieme, e Reynolds li segue.

Alma acquista però subito fattezze reali, non è meramente uno spirito che avvolge Reynolds, come invece è la madre.

Alma è la creatura che appare. È lei ad agire come presenza perturbante, che lentamente cambia Reynolds e l’ambiente che lo circonda. All’inizio l’uomo tenta di resistere a questi cambiamenti, lui che è così monolitico e perfetto nel suo regno, ma a poco a poco si rende conto che sta già cambiando e non può fare nulla per evitarlo, e alla fine desiste felicemente davanti a colei che ha decifrato il codice per entrare nella sua vita. E il codice è quello del bisogno, o meglio di un meta-bisogno.

Proviamo a spiegarlo passando attraverso un tema fondamentale nel film, quello della fame, e quindi del cibo.

La fame e la sete sono bisogni primari. Reynolds ha fame, Alma lo sfama, ma è lei a decidere come nutrirlo: nel momento in cui lei percepisce che lui ha bisogno di calmarsi, di “comportarsi meglio” (“he needs to settle down a little”), allora lo riporta sotto il suo controllo; e Reynolds la lascia fare, perché capisce che ha bisogno di aver bisogno di lei.

Il pasto nodale in cui emerge la creatura gotica che è Alma è la cena organizzata proprio da lei in casa Woodcock, per fare una dolce sorpresa a Reynolds. Va molto male. Reynolds mette di proposito un filo di burro sui suoi asparagi, poiché sa che Alma sa che lui li preferisce con olio e sale. Qui Alma, invece di andarsene e lasciare Reynolds alle sue ossessioni, rimane e lo doma. È proprio in questo momento infatti che lei decide di intossicarlo con i funghi velenosi ogniqualvolta ne veda la necessità.

Ma la prima volta che Alma si rende davvero conto di come Reynolds cambi quando è totalmente vulnerabile avviene subito dopo una sfilata in casa Woodcock: Reynolds è talmente abbattuto e insoddisfatto dell’esito dell’evento da cadere ammalato. Qui Alma lo vede per la prima volta indifeso, tanto da lasciare a lei il controllo della situazione (guidare l’auto in quel caso) e accudirlo nei giorni successivi. È lì che Alma realizza, consciamente o inconsciamente, che solo in quelle condizioni lui è totalmente esposto ed è lei ad avere il controllo.

E il tema del controllo è centrale nella trama. Quello che si dipana davanti ai nostri occhi è essenzialmente un prisma di giochi di potere: la dinamica frammentata nelle persone di Reynolds, Alma e Cyril. Quest’ultima che lotta per mantenere il controllo che ha sempre avuto su Reynolds; Alma — una più pungente e ribelle Mrs. De Winter hitchcockiana — che si fa strada in Reynolds e nella sua famiglia; e Reynolds, maestro del totale controllo della sua perfetta vita, che barcolla e che, in ultimo, si abbandona alla sua visione finale.

C’è in proposito una scena, emblematica — che potrebbe provenire direttamente da un romanzo gotico — in cui Reynolds, intossicato e febbricitante nel suo letto, vede la madre vestita da sposa e parla con lei. Pochi minuti dopo, nello stesso fotogramma appare Alma impegnata ad accudirlo, realissima, artefice del suo male e del suo bene: il veleno che è insieme anche la cura.

 

L’altra lente, come dicevamo, è quella dell’ironia. Paul Thomas Anderson ci regala un capolavoro anche in questo senso. Non a caso abbiamo fatto i nomi di Kubrick e Hitchcock, poiché il nostro assimila alla perfezione la lezione dei due maestri, non solo ovviamente per quanto riguarda il mestiere della regia, ma appunto anche in merito all’uso dell’ironia.

PTA ci offre uno degli amori più tossici che possano eistere e ce lo presenta come una delle storie più romantiche che possano esistere, poiché Reynolds e Alma sono due pezzi che si incastrano alla perfezione.

Ci sono inoltre diversi momenti che ci mostrano la raffinatissima comicità di quest’opera, a cominciare dal personaggio di Cyril, l’onnipresente e attentissima sorella, durante il suo primo incontro con Alma: la donna annusa la ragazza, indovinando ogni fragranza che emana da lei. È ovvio che già da qui dobbiamo capire che PTA non vuole che prendiamo il tutto in modo troppo serioso.

Continuiamo con i battibecchi tra Alma e Reynolds. Lei è l’unica che gli risponde per le rime: nei momenti in cui lui è too fussy, non cede ai suoi capricci, ma dice ciò che pensa creando dei siparietti di dispettosa attrazione tra i due.

Ricordiamo poi due colazioni distinte ma collegate: la prima, in cui Reynolds si lamenta che Alma si stia “muovendo troppo” (è ovvio che soffra di misofonia) e lei protesta dicendo che sta solo imburrando il suo toast; e l’altra, in cui, mentre Reynolds sta parlando con Cyril, vediamo Alma che di proposito esagera la delicatezza dei suoi movimenti, per fare il meno rumore possibile.

Un ultimo esempio è la scena successiva alla caduta di Reynolds dopo essere stato intossicato da Alma. Una delle sarte va da un’incredula Cyril per avvertirla, ma la prima e unica cosa di cui si preoccupa è il fatto che il vestito sia rovinato e debba essere ricucito per il giorno dopo, poco importa la causa del danno e la salute del suo datore di lavoro: senz’altro qui ci vien fatto di pensare che in quel momento Reynolds sarebbe stato molto orgoglioso della sua dipendente.

L’acume di Paul Thomas Anderson, la sua capacità di dar forma a un’opera che non è mai piatta fa sì che questa lavori su più livelli, ed è proprio quello dell’ironia ad essere fondamentale, a darle la profondità che troviamo solo nei grandi cineasti.

 

Una menzione speciale merita la colonna sonora del film. È molto probabilmente uno dei capolavori della carriera di Jonny Greenwood come compositore; un’opera di eleganza, minuzia e precisione, come il film di cui fa parte.

Il film inizia con Boletus Felleus, la traccia che prende il nome dal fungo velenoso che Alma usa per intossicare Reynolds. Le prime note accompagnano il lento scoprirsi del viso di lei davanti al fuoco. PTA già ci dice tutto all’inizio: è Alma che dirige, che plasma l’opera come plasma Reynolds. Il pezzo ricomparirà poi nel momento in cui Alma legge per la prima volta dei funghi velenosi su uno dei libri nella cucina della casa.

Nella scena successiva subentra House of Woodcock, per presentarci impeccabilmente Reynolds e il suo atelier, regno di armonia grazie al suo artista che con i suoi precisissimi rituali fa sì che tutto prosegua alla perfezione.

Ci sono anche numerose scene senza musica e di queste fanno parte i momenti dei pasti, intensi e fondamentali, con i loro peculiari suoni di posate e soprattutto con i rumori di Alma mentre mangia e che tanto infastidiscono Reynolds.

In un momento in particolare, inoltre, la traccia che sentiamo rispecchia i processi fisiologici del personaggio, Reynolds in questo caso: le corde pizzicate che ci fanno sentire il battito cardiaco dell’uomo poco prima che si senta male.

Per quanto riguarda il tema omonimo riservato al personaggio di Alma, questo compare solo una volta, nonostante lei sia la protagonista assoluta dell’opera. Possiamo ascoltarlo durante la scena della festa di Capodanno, quando Reynolds va a riprendere sua moglie e la riporta a casa. In quel momento, negli occhi di Reynolds che cercano Alma tra la folla, con in sottofondo la traccia diegetica e quella extradiegetica che si sovrappongono, vediamo la paura che ha l’uomo di perdere quello che è l’unico amore possibile della sua vita.

Ad avere temi personali è anche la relazione stessa tra Reynolds e Alma, precisamente Phantom Thread e Sandalwood: il primo ha quattro versioni, mentre il secondo due, a rappresentare la loro storia che si disegna davanti ai nostri occhi.

 

MOMENTI, IN ORDINE SPARSO, CHE COMPONGONO IL FILO FANTASMA

Il primo piano di Alma davanti al fuoco, il viso illuminato dalla luce calda.

Reynolds che sorride tra sé subito dopo aver incontrato lo sguardo di Alma per la prima volta.

Reynolds che prende le misure ad Alma.

Cyril che si toglie gli occhiali e si sistema i capelli, già in ordine, dietro le orecchie.

Alma che scopre il messaggio — never cursed — cucito da Reynolds nella fodera del vestito da sposa della principessa del Belgio e forse lo rimette al suo posto o forse no.

Reynolds che usa il merletto fiammingo per uno dei vestiti di Alma (e lo vediamo cucire all’interno della fodera il nome di lei).

Reynolds, infastidito, che guarda Alma mentre mangia, mal sopportando il rumore della sua masticazione.

Reynolds, convalescente, che vede il fantasma della madre nella sua camera da letto e, contemporaneamente, nel fotogramma c’è Alma che lo accudisce.

Alla festa di Capodanno, Reynolds che va a riprendere Alma e i due, fermi l’uno davanti all’altra, si parlano con lo sguardo.

Poco prima della fine del film, l’espressione di Reynolds che cambia mentre realizza che è Alma a intossicarlo e, diremmo, la sua soddisfazione.