Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

Un albero cresce a Brooklyn, Betty Smith, Neri Pozza editore

di Francesca Girardi

Vi è mai capitato di crescere assieme al protagonista di un libro? Di divertirvi e respirare la stessa aria frizzantina e inconsapevole della sua infanzia, per poi frenarne il brivido della fanciullesca incoscienza, mettere da parte la spensieratezza e cadere per qualche attimo nelle trappole che scuotono l’animo e da cui esci pensando “la vita è gioia, la vita è anche dolori e prove, però è anche bella”.

Con Francie ho vissuto tutto questo. La penna di Betty Smith è il filo che mi ha indicato le tappe dell’esistenza di questa bambina di Brooklyn, negli anni antecedenti il primo conflitto mondiale, e attraverso le pagine sono diventata non spettatrice, ma parte della famiglia Nolan. Come una lente di ingrandimento, ogni pagina portava in primo piano aspetti della vita di famiglie, per lo più immigrate, lasciate nell’ignoranza, quasi fosse il loro destino segnato e irrimediabile. Francie, però, non ha accettato tutto questo e sin da piccola ha trovato luce e ossigeno nella vista della piccola rosa della bibliotecaria. La biblioteca era il punto di riferimento, l’appiglio a cui Francie sapeva di potersi aggrappare ogni volta che il vortice della vita iniziava a correre troppo veloce. I libri sono stati i punti di riferimento che le hanno permesso di avere una bussola, di ampliare gli orizzonti e guardare oltre il suo quartiere. I libri sono stati parte della sua educazione, la mamma ha sempre spronato Francie e il fratello Neeley a leggere, sebbene limitando la lettura alla Bibbia e a Shakespeare. Per quanto fossero opere di notevole spessore e interesse, non c’era spazio per altro. Tuttavia, era un inizio e Francie ha voluto leggere nuove pagine, scrivere nuove storie. In una quotidianità cruda, grigia come le case di chi non ha i soldi per il carbone, di chi mangia contando le porzioni perché di più non è possibile, di chi mette la praticità dinnanzi ai sentimenti, si avverte il cuore che palpita nel vivere accanto a questa bambina, fiera di essere americana, fiera di avere un padre capace di pensare alla famiglia, pur avendo un lavoro saltuario e il vizio di alzare un po’ il gomito.

Sono belle le fanciulle di Dublino, dov’io t’ho conosciuta… sono le parole della canzone Molly Malone che il padre canticchiava nella notte rientrando in casa ed erano una sicurezza per la piccola Francie, che percepiva l’aria come colonna sonora dell’amore paterno.

Nella lettura, nella gioia delle canzoni, ma anche nelle fatiche e nei segni del lavoro massacrante che dipingevano il volto della madre e plasmavano le nocche delle sue mani, Francie ha voluto aprirsi la possibilità di una scorciatoia che le ha permesso di uscire, di crescere. A scuola si era distinta per il suo stile di scrittura, il risultato di quella “fantasia e verità che si mischiavano nel suo cervello (come accade a tutti i bambini troppo soli)… e a poco a poco imparò a descrivere la verità limitandosi a qualche lieve colorazione. E a 10 anni Francie trovò rifugio nella scrittura…Lettura e scrittura le vengono in aiuto quando decide di lavorare come lettrice e per farlo è costretta a dichiararsi sedicenne, mettendo a rischio la possibilità di un’istruzione universitaria. Il lavoro la porterà a essere tra le prima persone a leggere, nei caratteri stampati, la notizia dell’inizio della guerra. E la vita ha sempre due facce: se da una parte Francie cresce di tre anni in un solo colpo, dall’altra questo le permette, dopo anni di povertà e miserie, una vita un po’ più agiata, sebbene non ancora facile. Un albero cresce a Brooklyn è un romanzo avvincente, e lo definisco così perché sebbene non racconti un’avventura, racconta l’avventura di vita e la scommessa quotidiana con il destino che vorrebbe Francie povera e lasciata alla mercé degli eventi, ma lei sa che in qualche modo, le parole possono aiutarla a narrare una quotidianità diversa permettendo a se stessa una crescita.

E proprio come “…l’albero i cui ombrelli verdi coprivano la scala antincendio… che era stato abbattuto…ma l’albero non era morto…non aveva voluto morire”, così Francie lotta per poter affermare che dalla cima di se stessa il panorama è di una bellezza ammaliante.