Daniela D’Angelo è il direttore della casa editrice Avagliano. Ma è molto più di un direttore. È anima e cuore di una “casa”, appunto, in cui il libro viene vissuto con emozione e passione. In questa conversazione ci racconta l’importanza di una editoria di progetto, del lavoro fianco a fianco con gli autori e della consapevolezza di una visione, specie in questi tempi difficili.
di Francesca Girardi
Avagliano editore è realtà operativa nel mondo editoriale da quarant’anni. Nata nel 1982, è riferimento per la saggistica, per il repêchage di fine ’800 e primi del ‘900, per la meridionalistica e non solo. Incontriamo Daniela D’Angelo, responsabile editoriale, che ci avvicina alle dinamiche attraverso cui nascono i libri e ci porta dietro le quinte di una casa editrice.
Avagliano editore pubblica collane con repêchage di fine ’800 e primi del ‘900.
Quale relazione può nascere tra il lettore contemporaneo e le opere appartenenti a scrittori di altri tempi, in che modo si ricollocano le opere all’interno del mondo editoriale di oggi.
Avagliano è una casa editrice di progetto e il nostro progetto è soprattutto (ma non solo) il ripescaggio sia di opere minori di grandi autori sia di grandi opere di autori ingiustamente dimenticati. Il presente è in relazione con il passato, si inserisce in una “linea” di continuità (a me e personalmente piace pensare al tempo più come a un circolo su cui si dispongono gli accadimenti che a una linea) che tiene assieme la tradizione e gli aspetti di innovazione che intervengono. Perseguire questo per noi è una specie di “canto alla durata”. Inoltre, la narrazione di ciò che siamo parte sempre dalla narrazione di ciò che siamo stati. I nostri classici hanno perciò un posto nel mercato, e lo hanno per la loro capacità di saper parlare anche al lettore di oggi. La loro modernità è la loro forza. Il mondo editoriale di oggi (e del futuro) non può, secondo la nostra visione, rinunciarvi. Verrebbe meno una parte fondamentale dell’indagine sulla storia letteraria e umana.
La velocità e il cambiamento del gusto dei lettori è soggetto a repentini cambiamenti, o forse dovremmo dire a repentine “influenze”. Quanto è difficile o facile essere direttore editoriale in questa società liquida, il cui movimento coinvolge anche il libro? È importante negoziare il compromesso tra la linea editoriale e ciò che il mercato richiede, oppure è importante rimanere fedeli alle proprie aree tematiche?
Occorre drizzare le antenne, essere sensibili al cambiamento, orientarlo, interpretarlo, crearlo, restare fedeli a se stessi ma aperti all’esperienza, alla contaminazione; abbracciare il mondo, sempre.
La scelta del titolo di un libro è il passo finale prima del debutto. Quali sono le componenti che entrano in gioco in questa fase, e con quale aggettivo la definirebbe: “delicata”, “decisiva”, …?
La scelta del titolo da dare a un libro è una fase del lavoro che coinvolge l’autore, l’editor, il marketing, è un interessante momento creativo in cui entrano in gioco molte componenti, deve incuriosire oppure emozionare, il titolo può essere assertivo, interrogativo, evocativo; in tutti i casi deve rendere giustizia al testo, non lo deve tradire.
Essere editor è tecnica, competenza, ma anche capacità di relazione e confronto. Quanto è difficile dire “no” a un autore e quanto, invece, è immediato dire “sì”.
L’editor mette in campo capacità di relazione e confronto, empatia e capacità di ascolto nei confronti dell’autore, ma sono fondamentali anche la conoscenza dei generi letterari, della storia della letteratura, della grammatica e della sintassi, deve sapere verso dove va il mercato, cosa succede nel mondo. Deve frequentare il testo che ha davanti e maneggiarlo con rispetto, deve mettersi soprattutto in ascolto di quel testo, al servizio. Se serve dire “no”, si dice “no”.
L’editing è quindi un processo molto delicato. Come gestire l’autore che si vede modificato un testo o che deve “digerire” tagli e aggiustamenti?
Un bravo editor è in grado di argomentare e di far valere perciò i tagli e gli aggiustamenti che sono sempre suggeriti in funzione del testo, perché funzioni, perché sia potente.
“Casa” editrice. Casa, appunto. Dunque, è come vivere in famiglia? Quanto lavoro ci si porta dietro, fisicamente o mentalmente, durante la settimana e nei weekend?
In casa editrice si passa molto tempo insieme, sia dentro una redazione sia fuori, si creano relazioni e senso di famiglia, si condividono idee, scelte, strategie, si partecipa a un progetto. Tuttavia non mi appartiene l’idea di un gruppo di lavoro inteso come famiglia. Mi piace di più l’idea, sì, di una casa comune ma dove ognuno è libero di portare se stesso, di dare un proprio contributo senza alcun vincolo indissolubile. La parola casa è pertinente, una redazione è casa nel senso di luogo con una sua identità, ha storia e valori, in cui un gruppo sviluppa e produce creativamente, un luogo in cui si può crescere professionalmente e umanamente.
Un testo estraneo alla linea editoriale può comunque richiamare un’attenzione e, anche, una sorta di interesse?
Certamente. Abbiamo pubblicato un volume fotografico a colori dal titolo Una stanza tutta per loro. Cinquantuno donne della letteratura italiana che raccoglie scatti inediti di scrittrici contemporanee (Lidia Ravera, Vivian Lamarque, Nadia Terranova, Licia Troisi, Francesca Bonafini, Dacia Maraini, Federica Manzon e altre) ritratte nel luogo in cui amano scrivere. Per alcune era la camera da letto o la cucina, per altre lo studio o il soggiorno, per altre ancora la panchina del parco o lo scompartimento di un treno. Nel libro le scrittrici hanno raccontato i gesti scaramantici, le abitudini, i riti che adottano prima di mettersi a scrivere, è diventato una indagine su cosa significa scrivere e un modo per conoscere il processo creativo dall’interno, e per chiedersi se esiste o meno una scrittura femminile. Un libro fuori dalla nostra linea editoriale, apparentemente, ma il progetto ci piaceva, aveva un senso per noi in questo momento, volevamo dire la nostra sulle donne che scrivono e il loro rapporto con l’ambiente, e lo abbiamo accolto con entusiasmo e sviluppato assieme all’autore Alessio Romano e al fotografo Ale Di Blasio.
Il longseller del momento?
Alcuni titoli che rappresentano dei longseller: L’ultima intervista di Pasolini, di Furio Colombo e Gian Carlo Ferretti, Grazia Deledda. I luoghi gli amori le opere, di Rossana Dedola, L’abbuffone di Ugo Tognazzi, Tutti i racconti di Guido Gozzano, la Trilogia della pianura di Davide Bregola, ossia La vita segreta dei mammut in Pianura Padana, Fossili e Storioni. Notizie dalla casa galleggiante, Nei luoghi ideali per la camporella (… potrei continuare).
Avagliano ha molti punti di forza, tra cui la collana dedicata alla meridionalistica. Quali sono gli aspetti che caratterizzano la narrativa del meridione, quali voci si ascoltano tra le pagine.
Una letteratura che si definisce meridionalista lo è non solo in ragione dell’appartenenza geografica, ma soprattutto in relazione al suo impegno di tipo civile e politico e rimanda alla “questione meridionale”. Ma al di là di questa originaria impostazione, le nostre pubblicazioni ora hanno un respiro ampio, non guardano solo al meridione pur mantenendo vivo interesse per gli autori e per le istanze del Sud. Non c’è una collana dedicata al tema, ma tutta la produzione libraria che si snoda attraverso varie collane è attraversata da questo interesse, basti scorrere il nostro Catalogo, tra i classici abbiamo opere di Matilde Serao ma arriviamo alla biografia di Grazia Deledda, già citata, passando per Pirandello, Verga, Capuana. Tra i i libri di recente pubblicazione vorrei ricordare Giovanni Taranto, giornalista di Torre Annunziata, autore delle inchieste del capitano Mariani, una fortunata serie di romanzi gialli ambientati nel Vesuviano.
Il periodo contemporaneo è un rincorrersi di eventi, situazioni che vengono raccontati quotidianamente dal loro lato più fragile, destando sentimenti di incertezza e timore per il presente. In questo panorama, che potremmo definire di confusione e sfiducia, qual è il messaggio di cui si fa portatrice, oggi, la narrativa contemporanea pubblicata da Avagliano? Qualche esempio?
Scegliamo i libri da pubblicare per quello che di bello, di nuovo, di perturbante contengono al loro interno, è questo che offriamo al lettore; ci lasciamo prendere dal fascino della parola, dalla forza della narrazione, dagli interrogativi che una storia ben articolata sa porre sulla scena. Non siamo portatori di alcun messaggio, ma abbiamo un nostro stile. Chi si riconosce in questo stile, ci sceglie, ci apprezza.
La copertina dell’agenda 2023 di Avagliano Editore riporta la frase “leggere il passato, scrivere il futuro”, ovvero…
Rappresenta la nostra idea guida, ci ispiriamo a questo slogan per essere protagonisti assoluti del presente, del cambiamento.
Stiamo pensando a una nuova intervista /conversazione per la rubrica fissa: “Come si scrive editor”? Saranno incontri in video, che comprendono anche la versione scritta, pubblicata sulla rivista. Sarà di nuovo ospite nella nostra Stanza?
Come potervi dire di no?! 🙂