Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

Le storie per educare e guarire

Narcisisti e manipolatori sono ovunque. E spesso esercitano una violenza subdola, che lascia lividi sull’anima. La violenza psicologica, infatti, è insidiosa perché non viene immediatamente riconosciuta.

di Francesca Pacini

È violenza obbligare un altro essere umano all’adozione di comportamenti indesiderati per evitare ripercussioni, controllarne ossessivamente la vita e gli spostamenti, è violenza prendere di nascosto il suo cellulare, entrare nella mail provate o nel computer, minacciare, aggredire verbalmente, denigrare in pubblico o in privato.

È violenza ogni limite alla libertà dell’altro anche quando invece delle mani si usano le parole. È violenza punire, sottomettere, umiliare.

È violenza manomettere i ricordi della persona spostando gli oggetti e deformando le memorie.

È violenza manipolare i figli per vendicarsi dell’altro. È violenza ogni atto, gesto e parola usato per controllare e dominare.

 

Questa violenza va combattuta in ogni sede, non solo in quella processuale. “Se l’è cercata”, “Non ha fatto nulla”, “Poteva andarsene” non sono giustificazioni perché quando si vive un rapporto disfunzionale e si è sottoposti al veleno della manipolazione diventa difficile riconoscere ciò che sta veramente accadendo. Gli untori della critica, del moralismo, della colpa attribuita a chi si trova a doversi difendere per una seconda volta, vivendo di nuovo un trauma di portata immensa, significa negare il diritto alla vita di chi ha già subito abusi e vessazioni.

 

Le vittime  hanno partecipato, seppur involontariamente, ma questo non determina la loro condanna, né la colpa, né tantomeno giustifica i manipolatori seriali che si trasformano da carnefice in vittima per sottrarsi a ogni responsabilità. La vittima vive già devastanti sensi di colpa che necessitano di una efficace terapia psicologica per dare di nuovo spazio a un’identità ferita nel suo nucleo più intimo.

Ricordo che ci sono donne che si ammalano e perfino muoiono, donne che si sono suicidate per non essere all’altezza del loro aguzzino che le ha abbandonate accusandole di ogni tipo di indegnità.

Queste donne non racconteranno mai la loro storia, saranno solo la matematica dei malati di cancro, di diabete, di tiroide, di fibromialgia, saranno un nome e un cognome fra i morti sucidi, saranno un numero, una tomba, una lacrima senza spiegazione e soprattutto senza giustizia.

 

Per questo dovremmo aiutare i bambini e i ragazzi, già nelle scuole, facendo comprendere loro come esistano anche persone che fanno deliberatamente del male, persone dalle quali ci si può proteggere imparando a mettere i confini, a rispettarsi sempre.

La scuola dovrebbe recuperare il potere delle storie, delle fiabe, dei miti e delle leggende per aiutare a comprendere e guarire le parti di noi esposte alla fragilità di un’ombra individuale non riconosciuta.

Le virtù educative e terapeutiche di alcune narrazioni possono aiutare l’espansione della consapevolezza in una società che si è smarrita.

In questo contesto, le letture condivise,  le storie di popoli lontani nello spazio e nel tempo possono aiutare il riscatto della “principessa bisognosa” aiutandola a essere regina di sé stessa. Anche i documentari sull’importanza della dignità, del valore umano, dovrebbero diventare pane quotidiano.

Ecco perché è importantissimo informare, educare, avvisare, trasmettere.

La conoscenza del bene e del male fa purtroppo parte di questa vita, eppure come società siamo chiamati a rispondere a questa emergenza sociale troppo a lunga trascurata.

Alcuni paesi del nord Europa hanno introdotto l’ora di psicologia, altri ancora l’ora di empatia.

Sì, è questa la direzione educativa che dovremmo prendere anche in Italia.

Ricordandoci che, purtroppo, l’abuso e la violenza psicologica non hanno frontiere  e confini. L’unica arma per contrastarlo è la prevenzione ricorrendo, quando ci si trova invece già invischiati in una relazione manipolatoria, alla costruzione di un tessuto di sostegno per aiutare la guarigione che passa attraverso la validazione dell’esperienza vissuta, senza giudizio, né accusa, in famiglia, nella cerchia di amici, in ambito terapeutico, nella società. Solo così potremo arginare l’intento doloso di narcisisti patologici e psicopatici. Solo così saremo tutti migliori.