Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

Lo dice il web

di Francesca Pacini

Lo ha detto il web.

Se una volta  lo diceva la televisione, oggi “lo dice il web”.

Viviamo in un tempo sempre più tecnologico, in cui l’homo sapiens diventa homo algorítmicus. Il web è la nuova religione.

E sembra diventato un gigantesco, terrificante blob in cui la lettura da cellulare costringe a una verticalità che stanca occhi e cervello, frammentando, obbligando a continui passaggi dall’alto in basso che frammentano la coscienza.

E, di fatto, diventiamo incompiuti puzzle di finestre aperte e mai chiuse ( con spifferi che rischiano di farci prendere… la polmonite) in cui imperversa un nuovo “citazionismo” molto pericoloso per la immensa capacità di condivisione istantanea. Un citazionismo spesso fatto di false attribuzioni, come è successo anche alla sottoscritta con il suo brano misteriosamente, incautamente attributo “dal web” a Virginia Woolf , un web  in cui Borges si riduce a uno che scrive come Susanna Tamaro: “Non sai bene se la vita è viaggio, se è sogno, se è attesa, se è un piano che si svolge giorno dopo giorno e non te ne accorgi se non guardando all’indietro. Non sai se ha senso”. Nel magma delle citazioni fasulle finisce anche Saint-Exupéry con l’attribuzione al Piccolo Principe di un brano  non presente (“Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno. Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza.”) e  appartiene invece alla sua produzione epistolare.

Mai come oggi è stato facile fare il copia e incolla di aforismi e citazioni vantando vantando narcisisticamente una cultura che di fatto non si possiede.

A proposito di web, poi, chi è questo “web”?

Ecco che arriviamo alle citazioni più fastidiose. Un copia e incolla legato alla peggior catena di Sant’Antonio, quella che non fermi mai, quella che diventa virale ( il sistema immunitario dell’intelligenza si scontra con il contagio artificiale che conta su mutazioni all’istante) .

Citazioni anonime a cui, in calce, si aggiunge la fantomatica precisazione “dal web”.

Ah ecco, così stiamo tranquilli.

Chi è questo web? Il web diventa così come lo Stato. Un’entità allo stesso tempo lontana e vicinissima, immanente e trascendente ( a seconda del grado di comodità che ci serve in un dato momento) .

In realtà, il web siamo noi.

Il web ha nomi e cognomi.

Il web va controllato affinché non sia lui a controllare noi.

Vengo dalla vecchia scuola di giornalismo in cui ci hanno insegnato a verificare le fonti, per mia fortuna.

Invece anche per molti colleghi, purtroppo, il web diventa esso stesso una fonte sterile, svuotata della fertile acqua  della verifica, del processo di filtro e controllo .

E così “dal web” rappresenta la manifestazione della società digitale di massa, incapace di dare un nome ( e, in questo caso, cognome) alle cose del mondo.

Anticamente nominare voleva dire animare, cioè  “insufflare anima” agli uomini e alla natura.

Nei tempi moderni, invece, nominare è un po’ come nel salotto del Grande Fratello con i suoi “Vipponi” ( spesso  famosi solo a livello condominiale):  si entra e si esce in un luogo superficiale in cui gli anonimi del web indicano con superficialità  avversioni e gradimenti.

Copiare, diffondere, vantare competenze posticce senza peraltro neanche controllarne l’esattezza è ormai l’agenda del quotidiano di tante, troppe persone.

E la fonte, ridotta ormai a un rubinetto arrugginito, alza bandiera bianca.

Forse, però, HAL 9000 si ribellerà. Il film di Kubrick, profetico, è sempre meno visionario e più realista in questi tempi distonici.

E la ribellione di HAL 9000 sarà l’estrema unzione della nostra arroganza, digitale e “materiale”.