Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

Dopo l’ultimo respiro

di Edoardo Brunetti

 Il 30 novembre muore Shan MacGowan,  cantante e leader dei Pogues. Uno degli ultimi poeti d’Irlanda. Che un ragazzo impara a conoscere solo dopo l’annuncio della sua scomparsa. Un piccolo ricordo in forma di racconto sulla fragilità della vita.

 ll 29 novembre Shane MacGowan era vivo.

Il 30 novembre Shane MacGowan era morto. Il 29 novembre giocavo -e perdevo- una scommessa sul turno di Champions League a causa di un Bayern Monaco sorprendentemente a secco contro una squadra di “scappati di casa” come il Copenaghen. Tecnicamente, qualsiasi squadra che giochi in trasferta è una squadra di scappati di casa. E poi cosa c’è di male a scappare di casa? Non tutti nascono a New York, a Disneyland o nell’isola che appunto non c’è. Si scappa di casa per sfuggire da qualcosa o per rincorrere qualcos’altro: sogni e treni che passano e si lasciano realizzare soltanto in determinati luoghi del mondo e secondo determinate condizioni.

Il 30 novembre la linea della mia vita veniva attraversata da quella di Shane, che dopo la morte aveva smesso di corrermi fastidiosamente in parallelo.

È stato lnstagram ad annunciarmi impersonalmente la sua morte e, di conseguenza, la sua antecedente vita. Non me ne vanto -di cosa?- e non me ne vergogno -perché dovrei?

I giovani ignorano molte cose del passato e spesso ne vengono a conoscenza tramite mezzi prosaici come i social media: posate fiaccole e forconi, dinosauri del terzo millennio, il mondo funziona così. Anzi, avete permesso voi che funzionasse così.

 

Ma che sia tramite social media, servizio del TG, o tenero e intenso racconto del nonno di fronte a un camino con fuoco scoppiettante, credo non ci sia modo più facile e al tempo stesso poetico di venire a conoscenza di una persona se non subito dopo la sua dipartita.

 

Vedere familiari, amici o sconosciuti nei commenti rievocare commoventemente tutte le volte in cui la linea della loro vita si è intrecciata – a volte, per i più fortunati, tanto gioiosamente da compiere colorate e lucenti spirali – con quella del neo-defunto, malinconico e anche toccante.

Perché è un rievocare successivo ad una perdita, un rievocare improvvisamente assai più distante di quanto si pensasse; un far ritornare a galla scrigni del passato per scoprirli arrugginiti e provati dal tempo.

E sì, tutti i cliché da santificazione post­ mortem non fanno altro che veicolare ancor di più le attenzioni del neofita verso il neo­ defunto.

È giusto? Ingiusto? Ipocrita? Necessario? Di buon gusto? Chissenefrega.

È naturale e umano.

Basta un briciolo di maturità per ricordarsi che nessuno in vita è infallibile ed è per questo che la santificazione avviene dopo la morte, quando fumosi, personali e volubili ricordi prendono il sopravvento su azioni e comportamenti, anch’essi fumosi e volubili, ma con una parvenza di oggettività appena più nitida.

Più storie si sentono e più articoli si leggono, più il neofita si rende conto dell’esistenza di un gruppo – accomunato solamente da una conoscenza condivisa – del quale egli vuole perlomeno entrarne a far parte. “Che cosa mi sono perso?”, “che cos’è questa storia di cui tutti sembrano sapere qualcosa e di cui io ero all’oscuro?”.

Ed eccomi su YouTube ad ascoltare Fairytale of New York e su Wikipedia a leggere dei suoi problemi con alcol e eroina, sintomi di una fragilità che mai stona con quella figura che è un artista morto.

Dal mio punto di vista, Shane MacGowan, è sempre stato fragile.

Mi successe lo stesso con Battiate: prima: grande artista sicuramente, ma uno dei tanti nell’Olimpo del cantautorato italiano dai senili nomi altisonanti; dopo: l’autore della più bella versione di Ruby Tuesday, così naturalmente beffarda e repentina nell’inumidirmi gli occhi. Eccomi qua Shane, saldo nel terreno eppure alle porte del tuo Paradiso, pronto a stringerti quella mano tremolante in una conoscenza unilaterale augurandomi che possa essere un grande piacere.

Ah, così come la scomparsa di Nuti veniva messa in ombra da quella di Berlusconi, così ieri tutti parlavano della morte di Kissinger.

Il mondo è dei prevaricatori e dei loro avvoltoi; mi auguro che almeno l’aldilà vi possa appartenere, Shane e Francesco.

 

malinconico e anche toccante.

Perché è un rievocare successivo ad una perdita, un rievocare improvvisamente assai più distante di quanto si pensasse; un far ritornare a galla scrigni del passato per scoprirli arrugginiti e provati dal tempo.

E sì, tutti i cliché da santificazione post­ mortem non fanno altro che veicolare ancor di più le attenzioni del neofita verso il neo­ defunto.

È giusto? Ingiusto? Ipocrita? Necessario? Di

buon gusto? Chissenefrega.

È naturale e umano.

Basta un briciolo di maturità per ricordarsi che nessuno in vita è infallibile ed è per questo che la santificazione avviene dopo la morte, quando fumosi, personali e volubili ricordi prendono il sopravvento su azioni e comportamenti, anch’essi fumosi e volubili, ma con una parvenza di oggettività appena più nitida.

Più storie si sentono e più articoli si leggono, più il neofita si rende conto dell’esistenza di un gruppo – accomunato solamente da una conoscenza condivisa – del quale egli vuole perlomeno entrarne a far parte. “Che cosa mi sono perso?”, “che cos’è questa storia di cui tutti sembrano sapere qualcosa e di cui io ero all’oscuro?”.

Ed eccomi su YouTube ad ascoltare Fairytale of New York e su Wikipedia a leggere dei suoi problemi con alcol e eroina, sintomi di una fragilità che mai stona con quella figura che è un artista morto.

Dal mio punto di vista, Shane MacGowan, è sempre stato fragile.

Mi successe lo stesso con Battiate: prima: grande artista sicuramente, ma uno dei tanti nell’Olimpo del cantautorato italiano dai senili nomi altisonanti; dopo: l’autore della più bella versione di Ruby Tuesday, così naturalmente beffarda e repentina nell’inumidirmi gli occhi. Eccomi qua Shane, saldo nel terreno eppure

alle porte del tuo Paradiso, pronto a stringerti quella mano tremolante in una conoscenza unilaterale augurandomi che possa essere un grande piacere.

Ah, così come la scomparsa di Nuti veniva messa in ombra da quella di Berlusconi, così ieri tutti parlavano della morte di Kissinger.

Il mondo è dei prevaricatori e dei loro

avvoltoi; mi auguro che almeno l’aldilà vi possa appartenere, Shane e Francesco.