Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

Buoni lettori e buoni scrittori

Come essere un buon lettore» oppure «Gentilezza verso gli autori» – qualcosa del genere potrebbe fungere da sottotitolo a queste riflessioni su vari autori, dato che mi propongo di occuparmi con amore, indugiando amorevolmente sui particolari, di alcuni capolavori della letteratura europea. Cento anni fa, in una lettera all’amante, Flaubert scriveva: Comme l’on serait savant si l’on connaissait bien seulement cinq ou sìx livres («Come saremmo colti se conoscessimo bene soltanto cinque o sei libri»).

Quando si legge, bisogna cogliere e accarezzare i particolari. Non c’è niente di male nel chiarore lunare della generalizzazione, se viene dopo che si sono amorevolmente colte le solari inezie del libro. Se si parte invece da una generalizzazione preconfezionata, si comincia dalla parte sbagliata e ci si allontana dal libro prima ancora di aver cominciato a capirlo. Non c’è niente di più noioso e di più ingiusto verso l’autore che mettersi a leggere, per esempio, Madame Bovary, con l’idea preconcetta che sia una denuncia della borghesia. Non dimentichiamo che l’opera d’arte è sempre la creazione di un mondo nuovo; per prima cosa, dovremmo quindi studiare questo mondo nuovo il più meticolosamente possibile, come se fosse qualcosa che avviciniamo per la prima volta e che non ha alcun rapporto immediato con i mondi che già conosciamo. Una volta studiato attentamente questo mondo nuovo, allora soltanto possiamo analizzarne i legami con altri mondi, con altri settori della conoscenza.

È lecito aspettarsi, da un romanzo, informazioni su determinali luoghi e epoche? Si può essere così ingenui da credere di imparare qualcosa sul passato da quei voluminosi best-sellers che i vari club del libro spacciano per romanzi storici? E che dire poi dei capolavori? Possiamo fidarci dell’Inghilterra dei proprietari terrieri raffigurata da Jane Austen con i suoi baronetti e le sue architetture di giardini, quando la sola cosa che lei conosceva era il salottino di un ecclesiastico? E Casa desolata, questa storia fantastica in una Londra fantastica, possiamo definirla uno studio della Londra di cento anni fa? No di certo. E lo stesso vale per gli altri romanzi di cui ci occuperemo. La verità è che i grandi romanzi sono grandi fiabe – e i romanzi di questo corso sono fiabe eccelse.

 

Il tempo e lo spazio, i colori delle stagioni, il movimento dei muscoli e delle menti, sono per gli scrittori di genio (per quanto possiamo intuire, e io confido che la nostra intuizione sia giusta) non concetti tradizionali che si possono prendere a prestito dalla biblioteca circolante delle verità correnti, bensì un susseguirsi di sorprese uniche che i massimi artisti hanno imparato a esprimere nella loro unica maniera. Il compito di adornare il luogo comune è lasciato agli autori minori: essi non si preoccupano di reinventare il mondo; si limitano a tirar fuori il meglio da un determinato ordine delle cose, secondo i modelli tradizionali della narrativa. Le varie combinazioni che questi autori minori riescono a creare entro questi limiti prestabiliti possono avere una loro effimera attrattiva, perché i lettori «minori» amano riconoscere le proprie idee gradevolmente camuffate. Ma lo scrittore vero, quello che fa ruotare i pianeti e plasma un uomo dormiente e armeggia impaziente con la sua costola, lo scrittore di questo tipo non ha valori prestabiliti a disposizione: deve crearli lui. L’arte dello scrivere è un’attività assai futile se non comporta anzitutto l’arte di vedere il mondo come potenzialità narrativa. La sostanza di questo mondo può essere abbastanza reale, ma non esiste affatto nella sua totalità: è caos, e a questo caos l’autore dice «Via!» permettendo al mondo di guizzare e di fondersi. Viene allora ricombinato nei suoi stessi atomi, e non solo nelle sue parti visibili e superficiali. Lo scrittore è il primo che ne traccia la mappa e che dà un nome agli oggetti naturali che esso contiene. Quelle bacche sono commestibili. Quella creatura screziata che ha attraversato di corsa il mio cammino può essere domata. Questo lago tra questi alberi lo chiameremo Lago Opale o, più artisticamente, Lago Rigovernatura di piatti. Quella caligine è una montagna… e quella montagna deve essere conquistata. Su un ripido sentiero impervio

s’arrampica il grande artista; e in cima, sulla cresta ventosa, chi credete che incontri? L’ansante e felice lettore, e lì i due spontaneamente s’abbracciano e restano uniti per sempre se il libro dura per sempre.