Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

Cose che succedono la notte

di Paolo Maragoni

“Cose che succedono la notte” 

di Peter Cameron

edizione Gli Adelphi

Recensione di Paolo Maragoni

 

«Tendo a raccontare personaggi che sono in un limbo, in un momento della loro vita in cui non stanno bene, in cui si sentono tristi, soli, tormentati. Personaggi che hanno un passato con cui forse non hanno fatto pace e ancora non sono in grado di concepire il loro futuro, anche perché non sanno ancora dove vogliono andare».

Così dichiarava, lo scorso anno, Peter Cameron in una intervista a Vanity Fair. Potrebbe essere il sunto per chi arriva a leggere l’ultima riga del romanzo: “Cose che succedono la notte” (Adelphi, 2020).

Fin dall’inizio della narrazione, si entra in un mondo immersivo, ovattato, dove i sensi la fanno da padrone, prima ancora dei personaggi. Luoghi e gente senza nome, neve, freddo, alcol e luci soffuse, spesso spente, servono al lettore per mettere a fuoco un po’ alla volta la percezione diffusa di una storia d’amore sospesa, sbagliata, inutile.

Accade tutto di giorno, ma in giorni “notturni”, perché i fatti paiono onirici, come se fossero solo stati sognati. Cameriere che servono in eskimo e scarponi da neve, evasioni notturne in vestaglia, un’aggressione nel bagno, guarigioni fallite e delusioni che non provocano mai la conseguente sofferenza.

I protagonisti non rappresentano una metafora, sono solo un uomo e una donna che raggiungono un agognato luogo con un treno che corre nella tormenta di neve. La loro storia si svela lentamente: lei malata e incoerente, lui che l’accudisce e resta vittima delle sue scelte, della sua lentezza e delle alluse pretese. Sono tracce lasciate sulla neve che altra neve cadrà a coprire.

È un Cameron quasi gotico nell’ambientare in un hotel, dal nome improbabile di un paese anonimo, i “terzi atti” di varie vite che si incontrano lì per la prima volta. Un barista, un uomo d’affari gay, una centenaria attrice di teatro e, ancora, un guaritore convinto e un orfanello florido. E gotiche appaiono le scenografie di questo hotel che diviene palcoscenico testimone della messa in scena, e protegge in qualche modo tutti i personaggi, facendoli sentire quasi a casa loro, nonostante tutto. Un posto nel quale nessuno vuol vivere ma, al tempo stesso, nessuno vuole o può abbandonare come vittime di una maledizione che li tiene inchiodati lì simili a fantasmi che, altrove, rischierebbero di vedere la luce, finendo per scomparire.

In questo romanzo, tutto sembra scorrere al contrario. Il desiderio di genitorialità risulta legato più alla morte che alla vita, la fiducia di star bene riposta in un corpo ormai allo stremo, i motivi reconditi per cui i personaggi si scelgono come mai avrebbero fatto in un altro luogo in un altro tempo.

Cameron racconta una trama di abbandoni, desideri e viltà; una storia di paure e incoscienza in cui si è distanti dal senso comune e gli eventi si susseguono in un angolo di anima senza nome, al confine, tra il giorno e la notte.

Eppure, c’è un viaggio verso un epilogo che lascia aperta la strada per un nuovo inizio. Come se ci fosse una sorta di luce a svegliare la notte, un raggio di sole ad annunciare la prossima primavera, perché in fin dei conti: «Lascia stare, non importa. Sono cose che succedono la notte».