Rivista bimestrale di cultura e costume Registrazione presso il Tribunale di Roma nr. 170/2012 dell'11/06/2012

La tela di Esther

di Francesca Girardi

Esther Basile non è solo una filosofa.  un Scrittrice, e una ricercatrice impegnata nelle tematiche del femminile, Nella sua Napoli organizza conferenze, incontri, convegni, tutti dedicati allo sviluppo e alla promozione dell’etica, del diritto, e della giustizia. Temi urgenti, più che mai.

 

 

Incontrare Esther Basile è incontrare il femminismo, o meglio, incontrare una filosofa, scrittrice, ricercatrice che ne ha tracciato, e lo fa tutt’ora, un ampio pezzo di storia.

Una vita dedicata alla ricerca, allo studio e approfondimento di scritture di donne che possano essere guida per le generazioni; un animo di impegno politico e sociale che l’ha vista presiedere per dieci anni la Consulta della Campania per la Pari Opportunità. Collabora da 35 anni con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e, tra le importanti iniziative culturali che la vedono protagonista, è ideatrice del Festival delle Lettura al femminile “Alchimie e linguaggi di donne” di Narni, giunto ormai alla XVII edizione.

La Tela del Mediterraneo è poi l’ambizioso progetto che Esther Basile ha avviato trenta  anni fa e che ancora oggi è in sviluppo, proponendosi di realizzare una tela ideale nel cui ordito leggere parole come “diritti”, “etica”, “democrazia”, cultura”, “linguaggi”.

Esther, da trenta anni ti occupi del progetto “La tela del Mediterraneo”, una ricerca sulle scritture di donne, fatta di studio, approfondimento e voglia di trasmettere.

È una ricerca che posso definire una sorta di Mare Magnum, frutto di anni di incontri, conferenze, convegni, dialoghi. Ricercare scritture di donne, mi ha permesso e mi permette tutt’ora di scoprire e incontrare una comunità da vivere, da capire. È una sorta di labirinto al contrario, non ne esci perché scopri sempre opportunità di confronto nuove.

Per me è un grande contenitore di idee, non ha contorni e se li intravedi, ti accorgi subito di quanto siano labili.

Labili?

Si, la Tela del Mediterraneo è un cammino connesso a una storia che cambia di minuto in minuto. Confrontarsi con il Mediterraneo oggi, è confrontarsi con un Mediterraneo che incombe sia nella gravità di accoglienza, pensiamo a tutte le difficoltà dei territori, sia nella gravità dell’atto di pensare al Mediterraneo che sfugge alle interpretazioni. Il mio intento si è trasformato nel mettere in permanenza le conferenze della Tela, proprio per mantenere questa ricerca sul Mediterraneo aperta in ogni campo in cui echeggiano voci di donna dal valore universale.

Il confronto avviene con situazioni e civiltà inaspettate nella nostra storia. Dobbiamo mostrare grande capacità di comprensione, pur mantenendo la nostra identità; si richiede la capacità di ascoltare civiltà molto complesse, ad esempio quella del Maghreb.

Inoltre, la conoscenza deve essere reciproca non univoca. Si prova ad aprire un ponte tra Oriente e Occidente, cosa che ancora per noi è difficile.

All’interno di questo tuo lavoro, che posto occupa la parola “femminismo”.

Il femminismo è un’identità. È stata una lotta iniziata negli anni ’70 su conquiste e sui diritti delle donne. Avendo lavorato a lungo con la consulta regionale femminile per le Pari Opportunità e nel campo di visualizzazione di alcuni temi, si può parlare proprio di saperi e  diritti delle donne.

Alla luce della tua esperienza di ricercatrice, scrittrice e filosofa, quale definizione daresti alla parola “donna”?

Non c’è una definizione per la parola “donna”, possiamo parlare di identità femminile nella quale conoscersi e riconoscersi grazie alla memoria di chi prima di noi ha attuato conquiste e movimenti femminili e femministi, con la capacità di ritrovarsi su specifiche tematiche.

Ad esempio, Eleonora Pimentel, figura emblematica e patriota, protagonista della rivoluzione partenopea del 1799 che ha dato adito a come l’evoluzione possa modificare lo stato delle cose. Tantissime altre figure hanno lasciato il segno, pensiamo a Giuliana Sgrena, Ilaria Alpi.

La trasmissione dei saperi è importante, è un dovere che a volte si perde in canoni molto diversi.

 Quando dici “canoni molto diversi”, intendi dire che nella società a noi contemporanea, che si loda di essere libera e aperta, il femminismo non sia di facile comprensione?

È così. Stiamo tornando un po’ indietro. La società ci incita a fare più figli, a rimodellare a seconda dello status famiglia come se la famiglia fosse l’unico cardine della nostra società. Ho lottato affinché fossero riconosciute le donne nei campi d’azione, da quello letterario, a quello politico, a quello scientifico.

Quali incontri hanno sancito dei punti di svolta nella tua ricerca?

Tra i tanti, l’incontro con la grande sociologa Renate Siebert, esponente del movimento femminista e portatrice del valore di vedere il mondo rispettandone la complessità; Rada Iveković, personalità complessa e autrice del libro Autopsia dei balcani.

 

Tra le tue produzioni letterarie, c’è un importante libro scritto per il Senato della Repubblica.

Sì, l’opera riguarda i discorsi parlamentari della senatrice Giulia Tedesco Tatò. Accanto al privilegio di aver dato un mio contributo al Senato, il valore del testo è l’aver messo in luce temi interessantissimi che hanno attraversato un’epoca. Tutto il lavoro fatto dalle donne della Costituente – ne cito due a memoria collettiva, Teresa Mattei e Angiola Minelli – ha perseguito il fine di tramandarci un mondo migliore. Tuttavia, questo oggi è sfalsato dalla tipologia di donna che certo è in cammino, ma i valori sono molto diversi, strettamente egocentrati.

 

Rispetto a questo egocentrismo, quanto è importante l’educazione?

È fondamentale, così come fondamentale è avere delle regole, custodirle e, a volte, è possibile anche discuterle o criticarle. C’è però un modo di portare avanti delle idee rivoluzionarie nel rispetto degli altri.

 

C’è un libro che consiglieresti ai giovani per comprendere questi temi, o quanto meno, per avvicinarsi ad essi?

Non si tratta di libri… Consiglio e invito ad andare nelle biblioteche, luoghi che erano dedicati alla ricerca, alla discussione, tutti aspetti che oggi avvengono in solitaria, davanti a un computer.

La ricerca nasce da una fatica mentale, che si evita molto facilmente. Le biblioteche non possono essere abbandonate. Sono il simbolo della contaminazione delle idee, dei confronti; si trovano carte, linguaggi, archivi che rappresentano la nostra memoria. Il progresso dell’AI presenta una minaccia a tutto questo. Mi sembra sempre più chiaro che in campo medico certamente potrà dare un notevole contributo, ma non ricoprirà lo stesso valore in campo filosofico-letterario.

 

So che tieni delle lezioni presso la Biblioteca Nazionale di Napoli.

Si, faccio lezione su scrittrici che sono a margine della nostra stessa letteratura italiana. Penso a Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Cristina Campo, a breve parlerò di Oriana Fallaci. Diamo vita a confronti su scrittrici che non sono lette in maniera approfondita.

 

Manca approfondimento, quindi… C’è un luogo ideale dove poter dare nuovamente valore alle parole femminismo, diritti, doveri? Parole che si sentono molto, e forse sono eccessivamente semplificate.

Una volta c’erano i centri donna, oggi questi luoghi sono minimante frequentati.

 

Cosa manca nella società di oggi per ascoltare le voci, di donne e non.

Una sana politica. Ricordiamoci che essere in politica richiede avere doti etiche, politiche e comunicative. Doti a cui, forse, la società contemporanea non educa. Direi che manca un universalismo politico.